Quali sono i fenomeni oggetto degli allertamenti?

Gli eventi possono venire classificati con preannuncio o senza preannuncio. Quelli senza preannuncio sono tipicamente gli incidenti provocati dall’azione dell’uomo e i terremoti: non è possibile prevederne il verificarsi nel tempo e nello spazio.

I fenomeni oggetto del sistema di allertamento riguardano invece gli eventi con preannuncio cioè, in linea di principio, prevedibili. Per questi si dispone di modellistica previsionale e di sistemi di monitoraggio che consentono di prevedere il loro verificarsi e la relativa evoluzione, con tempi utili per attivare azioni di prevenzione e di preparazione a salvaguardia della pubblica incolumità. In questo contesto il sistema di allertamento, e in particolare le Allerte di protezione civile, costituiscono la modalità tecnica e organizzativa per trasformare la previsione di un evento in una comunicazione a tutti i soggetti interessati dei relativi effetti e delle azioni da attivare.

Vengono valutate le criticità sul territorio connesse al passaggio di piene fluviali, generate da piogge abbondanti o intense, che interessano i corsi d’acqua maggiori e il reticolo di bonifica, per i quali è possibile effettuare una previsione dell’evoluzione a breve termine in fase di evento, sulla base del monitoraggio strumentale dei livelli idrometrici. La valutazione della criticità idraulica in fase di previsione viene effettuata sulle 8 zone di allerta, considerando:

Vengono valutate le criticità sul territorio connesse a:

La valutazione della criticità idrogeologica in fase di previsione viene effettuata sulle 8 zone di allerta. L’attivazione di fenomeni franosi sui singoli versanti non è attualmente prevedibile (almeno in termini di momento dell’innesco, di velocità ed estensione della superficie interessata) se non in casi rarissimi, né è presente una rete di monitoraggio strumentale che consenta di prevedere come i fenomeni evolvano. Analogamente sui corsi d’acqua dei piccoli bacini collinari e montani, a regime prevalentemente torrentizio, non è possibile prevedere con sufficiente precisione né i fenomeni meteorologici, né l’innesco e l’evoluzione dei rapidi innalzamenti dei livelli idrometrici.

Vengono valutate sulle 8 zone di allerta le criticità sul territorio connesse a fenomeni di pioggia molto intensa a carattere temporalesco, alla quale si associano forti raffiche di vento ed eventuali trombe d’aria (tornado), grandine e fulminazioni. Non si tratta quindi di temporali isolati, bensì di “sistemi convettivi” organizzati in strutture di grandi dimensioni (almeno una decina di kmq), con caratteristiche rilevanti in termini di durata, area interessata e intensità dei fenomeni. Permane la difficoltà nella previsione della localizzazione, intensità e tempistica dei temporali, mentre in fase di evento è difficile disporre in tempo utile di dati strumentali per aggiornare la previsione emessa in precedenza. Gli scenari di evento generati dai temporali sono assimilati agli scenari di criticità idrogeologica descritti al precedente punto (fenomeni franosi, flash flood, allagamenti localizzati), ma caratterizzati da: elevata incertezza previsionale, maggiore intensità puntuale e rapidità di evoluzione dei fenomeni. In conseguenza di temporali forti si possono verificare ulteriori effetti e danni connessi a possibili fulminazioni, grandinate, forti raffiche di vento.

Vengono valutati i fenomeni di vento previsto che creano criticità sul territorio regionale, sulle sottozone di allerta distinte per fascia altimetrica. Per la definizione dei valori di soglia, si fa riferimento allo schema proposto dal CNMCA (Centro Nazionale di Meteorologia e Climatologia Aeronautica), basato sull’intensità del vento, classificata secondo la Scala Beaufort.

Vengono valutate sulle sottozone di allerta, distinte per fascia altimetrica, le criticità connesse ai fenomeni di temperature anomale previste, rispetto alla media regionale, in riferimento a significative condizioni sia di freddo (mesi invernali) che di caldo (mesi estivi) per gli effetti che possono avere sulle persone e sul territorio. L’indicatore per le temperature elevate è l’Indice di Thom, che esprime il cosiddetto “disagio bioclimatico” dell’organismo alle condizioni di caldo umido.

Vengono valutate le nevicate che creano criticità sul territorio sulle sottozone di allerta, distinte per fascia altimetrica. L’indicatore utilizzato è l’accumulo medio di neve al suolo in cm, nell’arco di 24 ore; i valori di soglia sono distinti per ciascuna sottozona, che raggruppa Comuni con quota prevalente (soprattutto della viabilità urbana) appartenente ad una delle tre classi:

Le due tipologie di fenomeno, caratterizzate da scenari di evento differenti, generano effetti e danni correlati in parte simili. Tipicamente il ghiaccio si forma in condizioni di cielo sereno con temperature inferiori a 0°C in presenza di neve al suolo; la pioggia che gela invece è prodotta da gocce di pioggia che diventano sopraffuse mentre attraversano uno spesso strato d’aria molto fredda (alcuni gradi sotto 0°C) vicina al suolo. In questo caso le gocce d’acqua congelano appena impattano un oggetto, ad es. gli alberi, i cavi dell’elettricità, le ali degli aerei sulle piste, e infine per ultimo il suolo. Ghiaccio e pioggia che gela si distinguono per la possibilità o meno di mettere in campo azioni preventive: nel caso di ghiaccio sono possibili degli interventi per prevenirne la formazione al suolo (tipicamente lo spargimento di sale sulle strade), mentre, ad oggi, non si è in grado di intervenire in modo attivo su una superficie stradale colpita da pioggia che gela.

Vengono valutate le condizioni di moto ondoso previsto al largo, che creano criticità per la navigazione sui tratti di mare aperto, prospicienti le sottozone di allerta costiere B2 e D2. Per la definizione dei valori di soglia si fa riferimento alla Scala Douglas, utilizzata in navigazione per classificare l’altezza delle onde. L’Allerta per stato del mare al largo viene emessa con altezza dell’onda prevista superiore a 1,80 metri, per una durata superiore almeno alle tre ore consecutive.

La regione Emilia-Romagna ha introdotto nel sistema di allertamento il rischio connesso ad eventi meteo-marini (mareggiate e acque alte), adempiendo a quanto previsto dalla Direttiva Alluvioni che, tra le diverse tipologie di rischio idraulico, ha inserito quello da inondazione marina. Vengono presi in considerazione gli effetti sul territorio connessi ad eventi di mareggiata caratterizzati da moto ondoso, da acqua alta e/o dalla combinazione dei due. Per questi fenomeni è possibile effettuarne una previsione dell’insorgenza sulla base della modellistica meteo-marina e morfodinamica. La criticità idraulica costiera può essere generata dalla propagazione dell’onda sulla spiaggia e nell’entroterra, dai fenomeni erosivi conseguenti all’energia del moto ondoso e dall’effetto barriera per il deflusso di fiumi e canali, causato dalla sopraelevazione della superficie del mare in caso di acqua alta. Un’ulteriore criticità è legata al pericolo intrinseco del moto ondoso in caso di sosta sul lungomare o lungo le banchine portuali.

Il rischio valanghe corrisponde agli effetti indotti sul territorio da fenomeni di instabilità del manto nevoso che si verificano in particolari condizioni nivo-meteorologiche e che possono interessare persone, infrastrutture o centri abitati. Non è possibile effettuare una previsione delle valanghe esatta nel tempo e nel luogo: è difficile rilevare con precisione le condizioni del manto nevoso in ogni punto di ciascun pendio, in quanto i pendii stessi, per tipo e caratteristiche di substrato, per acclività e per conformazione sono caratterizzati da notevole variabilità. La conoscenza delle caratteristiche del manto nevoso e le previsioni meteorologiche, tuttavia, unite all’esame dei fenomeni occorsi nei comprensori innevati, consentono di avere la misura della situazione generale delle valanghe, e di valutare la tendenza alla loro formazione e il pericolo che ne può derivare. Il pericolo di valanga non è nullo finché c’è neve al suolo, ed è presente anche con grado di pericolo debole 1. Sia gli incidenti in valanga che occorrono con grado di pericolo debole 1 (relativamente rari) che gli incidenti possibili già con grado di pericolo moderato 2 (relativamente frequenti) possono essere mortali per le persone coinvolte.

  • Criticità idraulica
    • La pioggia prevista, in termini di pioggia media areale nelle 24 ore che, confrontata con un sistema di soglie pluviometriche statistiche tarate sugli eventi di piena accaduti in passato, lega il superamento alla probabilità del verificarsi di piene fluviali.
    • Lo stato iniziale dei bacini idrografici mediante l’analisi delle quantità di precipitazioni avvenute nel periodo precedente, dei livelli idrometrici presenti all’inizio del nuovo evento pluviometrico previsto, tenendo conto anche della funzionalità delle opere idrauliche e di difesa presenti, o di eventuali criticità già in atto, note sul territorio.
    • attivare fasi operative di protezione civile riferite allo scenario di evento previsto e attrezzarsi alla gestione dell’emergenza ad evento in atto;
    • favorire la comunicazione tra i soggetti istituzionali, non istituzionali e i cittadini, al fine di mettere in atto le azioni previste nei Piani comunali di emergenza di protezione civile e le corrette norme comportamentali per l’autoprotezione.
  • Criticità idrogeologica (frane)
    • fenomeni franosi che interessano i versanti: frane di crollo, colate di fango e detriti, scorrimenti di terra e roccia, frane complesse e ruscellamenti superficiali.
    • fenomeni misti idrogeologici-idraulici che interessano il reticolo idrografico minore collinare-montano: rapidi innalzamenti dei livelli idrometrici (flash flood) nei corsi d’acqua a regime torrentizio con tempi di corrivazione brevi, scorrimenti superficiali delle acque, sovralluvionamenti, erosioni spondali.
    • allagamenti connessi all’incapacità di smaltimento delle reti fognarie urbane.
  • Criticità idrogeologica per temporali
  • Vento
  • Temperature estreme
  • Neve
    • Pianura: quota inferiore ai 200 m (sottozone di allerta B2, D1, D2, F, H2).
    • Collina: quota compresa tra 200 e 800 m (sottozone di allerta, A2, B1, C2, E2, G2, H1).
    • Montagna: quota superiore a 800 m (sottozone di allerta A1, C1, E1, G1).
  • Ghiaccio e pioggia che gela
  • Stato del mare al largo
  • Criticità costiera (mareggiate)
  • Valanghe
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